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Storia e descrizione
Il santuario del SS. Crocifisso sorge dove prima esisteva la piccola chiesa di S. Caterina Vergine e Martire d’Alessandria (una delle più antiche di Calatafimi). Fu nella sacrestia di quella chiesa che nei giorni 23, 24 e 25 giugno del 1657 la fede suscitata da un antico Crocifisso ligneo produsse una serie di miracolose guarigioni. In seguito a questi eventi ebbe inizio la devozione al SS. Crocifisso e a distanza di 84 anni dal primo miracolo si diede inzio alla costruzione dell’attuale santuario.
Fu progettata dall’architetto trapanese Giovanni Biagio Amico e costruita tra il 1741 e il 1759, per incitamento del gesuita Giuseppe Spedalieri, il suo costo superò i 18.000 scudi che furono offerti dalla popolazione.
La chiesa presenta una pianta longitudinale a navata unica; lungo le pareti si trovano tre altari per lato.
L'abside e l'altare sono di marmi policromi rari e preziosi, tra i quali il marmo giallo alberato di Segesta,
chiuso da un edicola classica dal timpano curvilineo.
Sull’altare maggiore è collocato il simulacro ligneo del SS. Crocifisso posto su una croce d’argento, intorno a cui venne edificato l’intero tempio. Non è più l’antico Crocifisso del 1657, poiché fu quasi interamente distrutto il 25 Settembre del 1887, da un incendio accaduto accidentalmente all’interno al santuario, a termine della messa solenne in occasione della festa annuale in onore a Maria SS. Di Giubino, patrona di Calatafimi (il cui simulacro stava allora in questa chiesa). Venne sostituito l’anno successivo con l’attuale Crocifisso, realizzato a Roma da un artista ignoto, in legno di bosso tinteggiato di nero (in ricordo dell’accaduto) e benedetto dal Papa Leone XIII.
Sul lato destro della navata si trovano: nicchia con busto marmoreo del patriota Nicolò Mazara, morto nel 1881, opera di Domenico Trentacoste; dipinto in olio su tela di Gaetano Mercurio del 1764, raffigurante la SS. Trinità adorata dai Santi Eligio e Atanasio, sul cartiglio: “Quicumque salvus esse”; dipinto in olio di San Filippo Neri in adorazione alla Madonna e al Bambino, del 1698, sull’altare S. Francesco di Paola, statua lignea, proveniente dalla chiesa del Purgatorio e affiancato da due raffigurazioni lignee di Anime Purganti, con fiamme sottostanti; Santa Caterina Vergine e Martire d’Alessandria, olio attribuito a Gaetano Mercurio, secolo XVIII, sull’altare statuetta dell’Immacolata, in alabastro, del ‘700.
Nell’abside ai lati dell’altare maggiore si trovano quattro tele: Mosè libera il suo popolo dai serpenti, Il sacrificio di Abramo, Mosè fa sgorgare l’acqua dalla rupe, Caino e Abele, quadri attribuiti a Gaetano ed Antonio Mercurio, data probabile 1776.
La mensa, rispondente alle nuove disposizioni liturgiche, è in legno dipinto in oro zeccchino, ricavata da una doppia “consolle” del‘700, espressione decorativa barocca.
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